Stiamo assistendo negli ultimi tempi ed una drammatica escalation della guerra in Ucraina. Purtroppo come al solito tendiamo a focalizzare la nostra attenzione sugli effetti tralasciando quelle che sono le vere cause del conflitto. Da un lato vediamo la Russia di Putin che per evitare di perdere la parità strategica in ambito nucleare è disposta a bombardare uno stato sovrano come l’Ucraina, costretta ad attraversare uno dei momenti più bui della sua storia. Dall’altro lato le forze dell’alleanza atlantica cercano in tutti i modi di sostenere l’Ucraina, territorio strategico che completerebbe il piano di espansione della Nato ad est nel momento in cui venisse inglobata. Questa contrapposizione di forze rischia però di essere un campo pericolosissimo in quanto basterebbe anche un piccolo incidente, non voluto o peggio ancora posto in essere dalle frange più estreme di una delle due fazioni, per scatenare il più grande disastro della storia dell’umanità. Siamo ad un passo da un vicolo cieco. La situazione si complica ulteriormente se dovessero scendere in campo altri attori che al momento attendono dietro le quinte. Stiamo parlando di Cina, India ma anche paesi del Medio Oriente e dell’America Latina.
Viviamo oramai in un mondo altamente globalizzato ed è impossibile risolvere le “questioni” locali senza scomodare il mondo intero. Nel caso di un conflitto, oggi, è bene ricordare che nessuno si salverebbe ed il “gioco” diverrebbe inesorabilmente un gioco a somma zero. Il problema a mio avviso non è solo l’Ucraina e non è solo la Russia ma l’emergere di nuove forze e assetti geopolitici. Con la fine della seconda guerra mondiale e la vittoria della guerra fredda gli Stati Uniti d’America hanno potuto regnare sul mondo intero e garantire la pace a la prosperità in una buona parte del mondo civilizzato, riuscendo gradualmente ad espandere la loro sfera di influenza e a garantire un maggior livello di benessere anche a paesi meno democratici e meno amichevoli.
Questo modello, nonostante la presenza di una Russia fortemente militarizzata, ha retto per parecchio tempo ma da un po’ di anni a questa parte qualcosa si è incrinato. Come dicevo prima alcuni equilibri sono cambiati. In particolare ciò che ha portato ad un vero e proprio “change of game” è stata l’emersione di una nuova potenza, non subito militare, ma commerciale e tecnologica in primis: la Cina. Profetiche le parole di Napoleone sulla Cina: “qui giace un drago addormentato, non svegliatelo, lasciatelo dormire, perché se si sveglierà farà tremare il mondo”. Ebbene per la prima volta nella storia moderna gli Stati Uniti hanno incontrato sulla loro strada un Paese che è riuscito a fare ciò che non è stata in grado di fare la Russia durante la guerra fredda, ossia concorrere sul piano economico e tecnologico. Ironia della sorte i cinesi hanno utilizzato lo stesso modello di sviluppo degli Stati Uniti d’America e le stesse tecnologie da loro importate. A differenza di questi ultimi hanno però adottato un modello di controllo altamente centralizzato in grado di garantire stabilità e coesione interna. Non sappiamo se tale modello social-capitalistico è destinato a durare anche in futuro ma al momento sembra reggere.
Tornando al confronto politico tra le superpotenze la goccia che ha fatto traboccare il vaso in Occidente è stato il tentativo cinese di entrare nel mercato americano ed europeo con le proprie tecnologie (vedi Huawei, Alibaba, Xiaomi, ByteDance, Tencent ecc.). Il fatto che una potenza straniera potesse essere un concorrente degli Stati Uniti d’America ha letteralmente mandato in tilt una parte dell’elite di comando ed ha portato ad una strategia atta a rinsaldare l’alleanza atlantica in funzione anti cinese per paura di perdere il primato economico, tecnologici e militare (dato che quest’ultimo si basa sulle stesse tecnologie che oggi vengono usate anche in ambito civile).
Purtroppo i piani non sono andati come previsto in quanto l’isolamento della Cina ha favorito il matrimonio di quest’ultima con la Russia. Ed ecco spiegato l’attacco all’Ucraina subito dopo i giochi olimpici a Pechino. Se da un lato l’invasione è stata una mossa strategica di Putin finalizzata a garantire la sicurezza ai confini della Russia, dall’altro lato si tratta di un segnale destabilizzante inviato all’Occidente affinché prendesse atto di nuove forze e assetti geopolitici pronti a scendere in campo. La Russia infatti, consapevole delle sanzioni, non avrebbe mai potuto attaccare senza il paracadute della Cina negoziato in anticipo. Sarebbe stato un suicidio economico che neanche il più disperato degli statisti avrebbe azzardato.
A questo punto, con una visione più ampia delle cause del conflitto e degli elementi in gioco occorre fare delle considerazioni. Da un lato vediamo gli Stati Uniti e l’Europa: la prima grande potenza economica, tecnologica e militare ma divisa internamente da alcune correnti di pensiero diverse; la seconda più debole e frammentata ma alla ricerca di coesione. Dall’altro lato vediamo la Russia e la Cina: la prima potenza economica in declino ma molto forte militarmente, sia sul piano tattico che su quello strategico della deterrenza; la seconda grande attore sul piano economico e tecnologico ed emergente potenza militare. Lascio a voi il gioco delle addizioni e delle sottrazioni per capire cosa succederebbe in un confronto militare diretto tra i due blocchi. Lascio fuori gli altri attori (India, America Latina, Turchia, Iran, le due Coree ecc.) solo per non complicarci la vita.
Come potete facilmente immaginare in un confronto del genere nessuno vincerà. Ed è per questo che non deve mai esserci. Probabilmente, in ottica strategica, la Cina poteva essere fermata anni fa, o forse no dato che viviamo in un mondo globalizzato. Ciò che conta però è la situazione attuale che vede la presenza di nuovi attori e nuovi vettori di forza. Escludendo a priori la possibilità di uno scontro per il sol fatto che non può essere vinto, ed al contempo qualsiasi soluzione autarchica avrebbe la sola funzione di rimandare il conflitto negli anni a venire, l’unica soluzione possibile è quella di istituire un ordine mondiale che preveda l’inclusione di tutte le parti: the big deal.
Tale patto deve essere stipulato da una elite che comprenda le principali figure politiche, economiche e finanziarie, pubbliche e private, delle principali superpotenze con quote di rappresentanza di esponenti degli stati meno influenti. Che vi piaccia o no l’unico modo per garantire la pace è un’oligarchia in cui ricchi industriali, finanzieri e politici Americani, Cinesi, Russi ed Europei ed a seguire Indiani, Brasiliani, Arabi e rappresentanti di altre nazioni con quote di rappresentanza in base all’influenza politica trovino un accordo per iniziare a pensare ad un governo mondiale, una sorta di cartello con un unico sistema finanziario che assomigli più ad una grande società per azioni che ad un grande stato. A quel punto e solo a quel punto industriali americani, oligarchi russi, miliardari cinesi ed imprenditori europei (ma non solo) potranno guadagnare miliardi senza essere in concorrenza tra loro. Grazie a questo accordo che getterebbe le basi di una fratellanza tra le nazioni si potrebbe iniziare un processo di riconversione dell’industria bellica per scopi civili.
Certo ci sarebbero altri problemi da risolvere, ossia tenere a bada la grande massa di popolazione mondiale che reclama diritti e libertà. Senza un grande piano di inclusione sociale si rischierebbe soltanto di traslare il problema dall’esterno (nazioni) verso l’interno (classi sociali). Tuttavia io credo che l’enorme ricchezza che deriverebbe da un mondo che si muove all’unisono riuscirebbe a garantire profitti in grado offrire una vita dignitosa a gran parte della popolazione e al contempo lauti profitti alle elite delle varie nazioni mantenendo parallelamente l’ordine sociale e la stabilità del sistema.
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